Questa è la versione chitarra e due voci. Per il testo ho usato una tecnica per me nuova, che chiamo “riflesso”, che come tutto in questi giorni esisterà già, ma che come molte cose di questo mondo, io ignoro.
Scrivo raccontando il riflesso di una storia, quello che succede quando una storia passa di bocca in bocca, oppure quello che si vede di una storia quando la si guarda in uno specchio d’acqua tremolante. Oppure ancora quando la si guarda allo specchio, dove è tutto uguale ma al contrario.
Mi piace di più di un racconto propriamente detto perché mi permette di slegarmi da una narrazione verosimile, che ho capito non mi viene bene.
In più, mi imbarazza quello che scrivo, anche se mi piace molto farlo e questo modo mi permette di nascondermi meglio.
Ad esempio, il primo commento ricevuto su questo brano è stato: “Bacco go protesta”. L’intento era sicuramente buono ma mi sono vergognato, come se avessi voluto cercare di fare il cantautore impegnato senza riuscirci (lo so, ho una enorme coda di paglia imbevuta di benzina…).
La canzone nasce come il riflesso di questa storia di migranti, che da noi non si può ignorare, ma sfido chiunque a capire di che cosa parla senza vedere il video: poteva essere il riflesso distorto anche di una storia d’amore.
E’ giusto così: quando una canzone è fatta, è di chi l’ascolta e non di chi la scritta.
E se vi piace, “Bacco go protesta”!